Ingredienti: latte ovino, caglio, sale, olio di oliva, aceto di vino
Ricetta: il fiore sardo era il formaggio dei pastori dellisola, quello prodotto in maggiore quantità, sino a quando la trasformazione del latte passò dai pastori agli industriali e il pecorino romano divenne il primo formaggio sardo. Il nome gentile fiore pare derivi dalluso che storicamente si faceva del fiore del cardo come caglio, ma altre testimonianze raccontano che per la caseificazione si impiegassero stampi di legno di pero selvatico o di castagno sul cui fondo era scolpito un fiore simile allasfodelo o alla rosa peonia. Ogni produttore e in alcuni casi ogni comune era riconoscibile grazie a questa sorta di marchio. È un cacio nobile, antico, dalla forte personalità, che a volte presenta asprezze organolettiche decisamente antimoderne, soprattutto quando è molto stagionato. È il tipico prodotto dellovile delle aree interne della Sardegna e proprio nel Nuorese, in particolare nella Barbagia, trova il suo luogo delezione. La tecnica tradizionale di produzione risale agli albori della civiltà pastorale ed è in sostanza rimasta immutata. Il latte crudo, intero, di pecore di razza sarda, è posto appena munto in caldaie di rame e coagulato a una temperatura di 32-35°C utilizzando caglio dagnello normalmente prodotto dal pastore stesso. Dopo 20-30 minuti, secondo la stagione, si rompe la cagliata finemente, sino alla dimensione di un chicco di riso, e si lascia depositare sul fondo. Quindi, senza sottoporre la massa ad alcun tipo di cottura, si raccoglie pazientemente dal fondo della caldaia a pezzi e si deposita nei caratteristici stampi troncoconici detti pischeddas. A questo punto il pastore-casaro sottopone la forma a pressione e a numerose frugature, per ottenere il massimo di spurgo del siero. Quando è ben soda, la forma viene estratta e adagiata a riposare per circa 24 ore, dopodiché si immerge nella salamoia, dove resta generalmente da 8 a 12 ore ogni chilo di cacio. Successivamente le forme sono appese su un traliccio di canne, sa cannizza, in genere vicino al fuoco, dove asciugano e affumicano per circa due settimane. Infine vanno a stagionare, in un ambiente fresco e asciutto, a terra, dove restano per mesi, secondo lo stile del casaro. Raggiunta la giusta maturazione, sono periodicamente unte con una miscela di aceto di vino, olio di oliva e sale. Si tratta di una tecnologia semplice, primordiale, ma che richiede unattenzione straordinaria da parte del casaro, gesti lenti e molta pazienza. Lo scopo era ottenere un formaggio che doveva servire per la stagione arida, quando le pecore non danno latte. Il Presidio Slow Food è nato per salvaguardare la produzione pastorale in alcuni piccoli comuni della Barbagia. Qui esiste ancora una caseificazione artigianale portata avanti da una ventina di allevatori, in particolare di pecore di razza sarda, che da dicembre a giugno producono alcune decine di quintali di pecorino a latte crudo intero, senza aggiunta di innesti liofilizzati, con cappatura naturale e caglio autoprodotto. Piccoli quantitativi, se rapportati alle tonnellate di forme proposte sul mercato dai caseifici più grandi e organizzati, più attrezzati per la commercializzazione e la diffusione sui mercati nazionali. La qualità del fiore sardo prodotto in questa zona dai pastori è altissima eppure è a rischio di estinzione: per questo gli aderenti al Presidio hanno deciso di valorizzare e far conoscere fuori dall’ambito locale il loro formaggio, garantendo la sopravvivenza di unattività millenaria.
CONTENITORE
Ingredienti: Crosta del formaggio, olio di oliva, aceto di vino
CONTENUTO
Ingredienti: Latte ovino, caglio, sale
Bibliografia:
Atlante Slow Food dei prodotti italiani, Slow Food Editore, Bra 2012
Formaggi d’Italia. Storia, produzione, assaggio, Slow Food Editore, Bra 2009 (1999)
Guida ai Presìdi Slow Food, Slow Food Editore, Bra 2014 (2012)
Dizionario delle cucine regionali, a cura di Paola Gho, Slow Food Editore, Bra 2010 (2008)
Enciclopedia dei prodotti tipici d’Italia, a cura di Davide Paolini, Garzanti, Milano 2005